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ALLEGATO alla Nota 8 § [ signora mia, cos'è mai la filosofia ]
Fabio Mauri, Che cosa è la filosofia - Heidegger e la questione tedesca - Concerto da tavolo, 1989. Performance eseguita al Centro Multimediale Quarto di S. Giusta nel 1989, all’Accademia di Belle Arti, L'Aquila il 17.5.1989, alla Galleria Carini di Firenze il 12.5.1990, e al Museo Pecci di Prato l’8.5.1993.
 
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La performance al museo Pecci
Il filosofo Marramao nella parte di Heidegger
Il cappello di Heidegger

LA DESCRIZIONE: - Attorno ad un tavolo verde si svolge la simulazione di una festa privata, un rinfresco durante il quale vengono serviti al pubblico e agli attori che vi si mescolano - e che impersonano figure di una mondanità colta della Germania tra le due guerre - birra, wùrstel e crauti. Gli attori discutono con i presenti. Il filosofo Giacomo Marramao ricopre il ruolo del filosofo Martin Heidegger. Personaggio chiave della performance, Heidegger a sua volta rappresenta il pensiero filosofico, la cultura e la lingua tedesca a confronto con il resto del mondo all'avvento del Nazismo. Tra quanti popolano il banchetto, si avverte una preponderanza psicologica e comportamentale dell'elemento femminile, dovuta alla maggiore concretezza e alla forza di seduzione -e persuasione - esercitata verso gli uomini. Le parole pronunciate dalle donne sono testi di poesia tedesca. Pur mantenendo tutto il rigore del filosofo, Heidegger accetta l'invito alla danza. '...Il suo pensiero, scandito in lingua italiana tra una pausa e l'altra dei colloqui in tedesco e dei brani da tavolo che una violoncellista esegue per gli ospiti, fa da filo conduttore... il saggio di Heidegger 'Che cosa è la filosofia' diviene la composizione base del concerto da tavolo' (Fabio Mauri). Durante la performance vengono Suonati brani di Bach e Mozart, e dei dodecafonici Berg, Webern, Schònberg. il solo elemento 'diverso', nel Contesto della festa privata, è dato dall'inserimento di una voce isolata che recita un brano tratto dal Processo di Eichmann (il 'conteggio economico' sul cadavere di una vittima del campo di 'concentrazione', durante il quale vengono elencati i valori delle singole parti anatomiche dell'individuo). In conclusione, l'autore dà lettura del suo testo 'Che cosa è la filosofia. Heidegger e la questione tedesca', ove riprende la tesi, più volte affrontata, riguardante l'identità tra pensiero tedesco e pensiero europeo nel cruciale decennio 1930-1940. Intento della performance è di far riflettere sull'esistenza, all'interno della cultura tedesca - e di conseguenza europea - di un incolmabile dislivello tra la sfera più eccelsa del pensiero e dell'espressione umana e l'abissale caduta, tuttora enigmatica, di cui quella stessa società può essere capace. M.C.

Il testo che Fabio Mauri legge sul tavolo alla fine della performance

 “Ho deciso di porre in atto questa scena per non perdere la mano. Sono miei temi e atti di anni che vanno dal 1970 al 1980. "Che cosa è la filosofia - Heidegger e la questione tedesca - Concerto da tavolo" è allestito, una volta di più, con il sistema del "Museo delle cere" intrecciato a quello degli "Esercizi spirituali". Ridare vita a figure immobili di modo che l'attualità si riprenda il suo segreto (o tema intero), e restituisca con esattezza gli 'inspiegabili'. In arte, come si sa (forse non si sa diffusamente), l'enigma è doppio, quello dell'arte racchiude in sé quello del mondo, però lo rende formalmente praticabile. Qui si ricompongono gli elementi che formano un vecchio interrogativo: Che cos'è la Germania? E l'Europa? Che significa essere Europa? Non è stata Europa la Germania del '30 e del '40? Io credo che lo sia stata. Credo che la natura (la cultura della natura) della Germania riguardi strettamente l'identità europea. Un concerto di significati si muove sul tavolo, poco più in là del cibo. Che cosa si sperimenta? Da che parte si situa il giudizio? Nei giudizi stessi che vi si intravedono? L'insieme del rito, in conclusione armonico, di una forma simile d'arte, impasta e confonde le differenze? Vi prego di farmi sapere. Io per me so che i problemi irrisolti possiedono l'invisibile prerogativa di restare intatti. Ma, ci si chiede, spetta all'arte di risolvere i problemi del mondo?' Ritengo che l'arte non abbia contenuti propri. E nemmeno l'arte sia contenuto dell'arte, sebbene conosca il successo della tesi opposta. L'arte, se è qualcosa di teoricamente definibile, si può dire con probità che è il luogo della forma definitiva del di-scorso, luogo apparentemente converso in una metafora geometrica, concavo - il punto di accoglimento di temi all'interno di una potenza mimica (dico mimica non mimetica) decisiva, capace di restituirseli per intero, di nuovo, e in primo piano. E di venirne a capo. Qui c'entra l'autore, certo. Ma è come se non v'entrasse del tutto, esclusivamente lui. Le forme fanno giustizia da sole del tema e di se stesse, comunicando un'esperienza poco duplicabile. Accostamenti impropri che rendono partecipi del loro incognito senso accostamenti altrove propri. Sto dicendo che la poesia dice il 'vero'? Credo di sì. Però con cautela: la poesia ha sempre bisogno di un mondo. In questo caso, questo mondo. L'arte può dire e ascoltare cose che non possono essere dette e ascoltate altrove. Non impunemente. Ripeto: fatemi 'sapere'. Non dico 'dire', poiché l'autorizzazione a farlo devo darmela da me. Ci sono altre cose che ometto: la prima è che ancor più che 'dire' voglio 'vedere' le cose che mostro. Non è una novità per chi segue la sperimentazione. La seconda è che io non intendo 'fare' arte. Non ho questa intenzione. Non l'ho più. Intendo, se mostro cose simili, capire le relazioni e ricavarne ontologica emozione. Sono anni che siedo a pranzo con le immagini sul tavolo. Anni che metto gli allievi in piedi sui banchi. Tocco con mano le immagini di cui mi sono nutrito. In più ve ne sono altre venute in coda, per conto loro. "Ma noi che c'entriamo?", mi direte voi. Questo non lo so. Se non fosse che il pubblico è un'immagine dello stesso tipo, già presente, assai prima di sedere qui, e altrettanto significativa ed enigmatica. Il pubblico, cioè, mi sembra frutto di un'espressione. Ma che voglio dimostrare con precisione in questo "concerto da tavolo": che la differenza tra il Male e il Bene parla la stessa lingua? Certo, sì. 'Si sapeva', dirà qualcuno. Ecco, volevo conoscere le stesse cose che voi già sapete. Fatemene sapere altre, vi prego. E perché? Perché il mio sistema di lungimiranza non è idoneo. Voglio scegliermene uno diverso, più comune, universale, adatto ai tempi e a me stesso. L'ovvio e il buon senso mi risultano più misteriosi della profondità e dell'enigma. Devo essermi perso. E dev'essere anche tardi per tornare indietro.Il resto, l'accostamento o il pareggiamento dei linguaggi, puramente segnici e fonetici, è linguistica: fa parte della sperimentazione concettuale. Di lì vengo. È frutto, semmai di cattivi studi.” (Fabio Mauri, 1989)

LA PRESENTAZIONE:
Questo testo affronta il tema del rapporto tra l'io filosofico e il suo mondo intellettuale, e il mondo del politico o di potere, ciascuno visto come 'ambiente'. Come può ciò che è vero o sublime condividere la scena di ciò che, suo esatto contrario, è falso e abietto. La forma della risposta non si affida a una singola proposizione critica. Attraverso una messa in scena si attua un accostamento di tutti gli elementi utili. Come note di un concerto moderno vengono allineati elementi discordi. È affidata alla ricerca del "senso", come in una seduta di concerto, la ricerca del significato. Dalle indicazioni della scena, dalle voci, dai costumi, e dalle musiche che inframmezzano il rito conviviale di un té. Un'epoca mimeticamente si fa come vera , mettendo in luce adiacenze e congiunture di vicinanza, dettagli ravvicinati in una scena d'insieme partecipabile da un uomo comune, da chiunque. Cause riposte più nella società che nei singoli individui, o nei singoli in quanto ferrei devoti della società, vengono alla luce. Si intravede nelle donne, oltre che negli uomini, una diffusa connivenza responsabile. Non a quel che dicono (le loro parole sono testi di poesia tedesca), ma al loro tono fermo e suasivo è legato il loro punto di vista. Loro è una certa perspicace concretezza, l'aderenza obbligatoria al sociale, l'eros che accompagna gli argomenti dei loro discorsi. Come d'abitudine soggiogata, ogni decisione del loro uomo ne tiene conto. Invitato a ballare, Heidegger danza. Si ricompone subito nel rigore di filosofo, ma risulta non insensibile al contorno. Il suo pensiero, scandito in lingua italiana tra una pausa e l'altra dei colloqui in tedesco e dei brani da tavolo che una violoncellista esegue per gli ospiti, fa da filo conduttore alto e illuminante su ciò che l'uomo è o pensa dovrebbe essere un pensiero e una cultura. Il saggio di Heidegger "Che cosa è la filosofia" diviene la composizione base del concerto da tavolo. Mozart, Bach, oltre che i moderni Alban Berg, Webern, Schòmberg costituiscono egualmente nota alta di indiscutibile riferimento di valore. Il tema della Germania è quello dell'Europa. Viene detto nel brano che l'autore legge nel finale dell'azione.


A me resta da dire che qualche anno dopo questa performance intitolata ad Heidegger, Fabio Mauri ha avuto a che fare anche con van Gogh.
E’ difatti del 1991 il suo lavoro, Maison d'artiste, composto da  sei calcografie (cm 59 x 78) in cui la scritta “senza arte” entra nella camera da letto di Vincent ad Arles  riprodotta in profilo calcografico senza colori.





VALIGIE
parte seconda H.D.S. MAROQUINERIES